top of page
Immagine del redattoreDario

Cosa vuol dire No-Dig?

👨‍🌾 In seguito ad alcune condivisioni con amici e colleghi italiani e su alcuni gruppi FB, mi è stato chiesto cosa sia il no-dig e cosa significa fare orticoltura rigenerativa. Volevo condividere qualche idea in questo post. Chiaramente, in questo gruppo ci sono persone che sono più che familiari con questi concetti e che li conoscono e praticano da più tempo e con più competenze di me. Sentitevi liberi di aggiungere il vostro punto di vista o le vostre critiche (anche feroci!)

🌱 Quando mi chiedono quali sono i principi che stanno alla base dell’orticoltura rigenerativa e quindi di quello che facciamo, di solito faccio riferimento a cinque linee guida:

  1. Mantenere il suolo coperto

  2. Disturbare il suolo il meno possibile

  3. Incoraggiare in ogni modo possibile la biodiversità, sia sopra che sottoterra (senza dimenticare la mente e l’intestino del contadino)

  4. Massimizzare la fotosintesi clorofilliana, coprendolo il terreno di foglie e riempendolo di radici.

  5. Astenersi dall’uso di prodotti chimici di sintesi

Per suolo qui intendo la componente minerale di quello che chiamiamo terreno, composta di limo, argilla e sabbia.


🌦 In climi temperati e umidi come quello inglese nel quale lavoriamo a Living Soil Garden, coprire il suolo è importante soprattutto per limitare l’erosione dovuta alle forti piogge invernali, ma anche per proteggerlo dal sole estivo, e per creare un habitat costantemente ospitale per la micro-, macro- e meso-biologia del terreno.


🥕 Quando è possibile applicare i primi due principi in maniera ideale, si può parlare del cosiddetto no-dig. In un sistema no-dig, si può evitare di disturbare il terreno in maniera meccanica, se non per brevi interazioni con lo strato superficiale (1-5cm), ma senza mai invertire gli orizzonti e rovinare la struttura. Il suolo rimane coperto sia dalle foglie delle piante, ma nel peggiore dei casi (e sempre per tempi brevi) almeno da uno strato di materia organica (10+cm) permanente. Questa materia organica può essere di qualsiasi origine e consistenza, a seconda dei contesti climatici e delle risorse disponibili: compost, paglia, fieno, stallatico, sfalci d’erba, ecc.


🌞 E’ importante notare come in climi caldi e in zone mediterranee, (sub)tropicali ed equatoriali, il modo più veloce di creare uno scudo organico permanente che protegga la parte minerale del suolo è usare la successione ecologica. In questi casi, nulla è più veloce della simbiosi di radici e microbi nel creare materia organica in situ.

🌦 In climi più temperati come quello in cui lavoriamo noi a Living Soil Garden, può essere molto più conveniente avvantaggiarsi accelerando la progressione ecologica del suolo. Questo può essere fatto importando della materia organica dall’esterno o producendola in un’area adibita alla coltivazione di biomassa. Se fatto con criterio, l’applicazione di uno strato spesso di pacciamatura (deep-mulch) può catapultare il nostro terreno in una fase di grande attività biologica (tipica di un ecosistema più avanzato ed abbondante), risparmiandoci il tempo che prenderebbero le piante spontanee (tramite una successione di annuali, perenni, arbusti ed alberi pionieri) per ottenere lo stesso risultato.


🥬 Il vantaggio di questo metodo è che si può ottenere un terreno facilmente coltivabile, stabilmente fertile e privo di “infestanti” in pochissimo tempo. Gli svantaggi sono il fatto di dover procurarsi e spostare grandi quantità di materia organica tutta in una volta, e il rischio (in climi caldi) di vedere lo sforzo vanificato dall’iper-ossidazione e da un’attività microbica insufficiente.



🌱 Una domanda che mi sento ripetere spesso, quando mostro il nostro orto ai visitatori e anche quando condivido qualche foto con amici e colleghi italiani, è: “com’è possibile che con questo metodo ci siano così poche infestanti?”


🌳 La risposta è relativamente semplice per l’osservatore delle dinamiche ecologiche: un terreno che ha popolazioni equilibrate di batteri e funghi, un alto contenuto di materia organica, e che non viene disturbato con processi meccanici ed ossidativi, non è l’habitat naturale per specie pioniere. In natura, un terreno in queste condizioni è caratteristico di uno stadio della successione ecologica nel quale le pioniere hanno già adempito al proprio compito, e quindi lasciano il posto a specie più esigenti e produttive. In termini semplici: le erbacce intervengono ad apportare materia organica e facilitare la successione sopra e sotto terra - se lo facciamo noi con la nostra gestione dell’orto, le erbacce non vengono stimolate a svolgere questa funzione, e quindi non prosperano. Si veda, per esempio, tra le foto sotto, una pianta di Rumex attaccata dagli insetti, accanto ad un cavolfiore intatto; nel terreno decompattato di un letto no-dig, la rumex ha meno ragion d’essere perché la sua funzione non è più necessaria; specie diverse come quelle più affini al cavolfiore si trovano invece a loro agio.

A questo si aggiunge il fatto che non lavorare il terreno non porta in superficie i semi di spontanee accumulati negli anni.


🍅 Chiaramente, molti degli ortaggi che mangiamo comunemente sono a tutti gli effetti delle “erbacce selezionate”, e quindi condividono molte caratteristiche con le cosiddette infestanti. Per questo motivo, in orticoltura si lavora sul filo del rasoio se non si introducono sistemi stratificati di annuali, biennali e perenni che hanno diverse caratteristiche ed esigenze (si veda il mio post precedente sulle consociazioni, ma anche l’eccelso lavoro di molti membri di questo gruppo che lavorano con orticole in sistemi agroforestali).



Se siete interessati all'orticoltura rigenerativa ed in particolare al metodo no-dig, date un'occhiata al gruppo telegram in cui condividiamo idee e consigli con post e video giornalieri: unisciti al canale!

117 visualizzazioni0 commenti

Comments


bottom of page